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A CHE PUNTO SEI? RIFLESSIONI PER LE VACANZE

Una riflessione sui tuoi obiettivi dell’anno e un esercizio per aiutarti a visualizzare dove sei per ripartire di slancio a settembre

È luglio, e ormai pensi solo alle vacanze, lo so.
È comunque un buon momento per fare il punto della situazione su come stanno andando gli obiettivi scritti a gennaio, quelli che ti sei posto quando ti sei ripromesso che questo era l’anno della svolta per la tua carriera o del tuo business.

Intendo cose tipo l’aumento di stipendio o la promozione, una nuova responsabilità, cambiare azienda o un progetto da guidare, un nuovo obiettivo di budget molto sfidante.

Mettersi degli obiettivi non è semplice, ma ancora meno lo è stendere un piano d’azione con una strategia ben precisa, progettare delle azioni concrete da compiere, e sopratutto metterle in pratica!

Ma spesso sei preso da mille impegni, pensieri e rischi di perderti per strada. Può succedere che a metà anno, e oltre, hai fatto la metà (se va bene) di quello che ti eri riproposto di fare, o comunque hai bisogno di focalizzare di nuovo cosa è importante fare da settembre in poi.

Per questo ti propongo una serie di riflessioni da fare anche sotto l’ombrellone, o quando di sei stancato di giocare a PokemonGo, per ripartire alla grande a settembre più focalizzato e consapevole. Li puoi fare quando vuoi, anche al ritorno dalle vacanze!

Hai già raggiunto il tuo obiettivo o hai fatto tutti i compiti? Fantastico! Puoi ugualmente rispondere alle domande per mettere meglio in luce le azioni che hai fatto e utilizzare di nuovo la stessa strategia per il futuro, fare delle riflessioni su come impostare il lavoro. O metterti un altro obiettivo, ovviamente!

Riprendi i tuoi obiettivi in mano

Riprendi i tuoi obiettivi (li hai scritti, vero? Carta e penna intendo… altrimenti scrivili ora) e rispondi a queste domande per verificare a che punto sei, riflettere su cosa hai fatto e cos’altro c’è da fare, o se forse devi cambiare strada.
Ti propongo una serie di domande che ti può aiutare a focalizzare meglio, scrivi su carta le risposte, è molto più potente!

  • Riscrivi il tuo obiettivo in maniera sintetica
  • Da 1 a 10, quanto ti sei avvicinato al tuo obiettivo?
  • Cosa ha funzionato?
  • Rispetto a quello che ha funzionato, come potresti utilizzarlo di nuovo in futuro?
  • Cosa poteva funzionare meglio?
  • C’è qualcosa che avevi programmato di fare e non hai fatto?
  • Cosa ti ha impedito di compiere quelle azioni?
  • Cosa hai trovato facile fare?
  • Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nel porre in atto le azioni che ti eri prefisso?
  • Quanto sei ancora motivato a raggiungere il tuo obiettivo da 1 a 10? quanto ti senti coinvolto?
  • Dopo queste considerazioni, riscrivi il tuo obiettivo (se è necessario)
  • Scrivi il primo passo che farai da oggi verso il tuo obiettivo
  • E ora il secondo passo che farai da settembre!
  • C’è qualcosa che ti può impedire di agire?

Se ti va condividi pure con me il risultato delle tue riflessioni, possiamo lavorarci insieme!

Scrivimi una mail all’indirizzo cmelis@coachingpower.it possiamo valutare insieme come impostare il lavoro da settembre.

ASCOLTARE PER COMUNICARE EFFICACEMENTE

Se vuoi mettere una marcia in più nella comunicazione con i tuoi clienti, colleghi e nel networking, devi lavorare sull’ascoltare attivamente

La prima regola della comunicazione dice “è impossibile non comunicare”, questo vuol dire che in realtà diciamo qualcosa anche quando stiamo in silenzio o mostriamo indifferenza, come ci muoviamo, le espressioni del nostro viso.

È quindi importante stare attenti al tono della voce che utilizziamo, alle parole che scegliamo, come le diciamo, lo sappiamo bene perché hai già fatto l’ennesimo corso di comunicazione efficace e sei scrupoloso nel prepararti il discorso sul magnifico servizio o prodotto da sottoporre al tuo cliente, o hai già una fantastica presentazione da fare al tuo capo, imparata a memoria.

E il tuo elevator pitch per il networking è magnifico, ovviamente!

La verità è che saper parlare in pubblico ed esporre un progetto è importante, ma uno dei segreti per avere una vera comunicazione efficace è ascoltare, e farlo in maniera attiva.

“L’incapacità dell’uomo di comunicare è il risultato della sua incapacità di ascoltare davvero ciò che viene detto.”

Carl Rogers

Quando ci mettiamo in relazione con una persona, la nostra comunicazione deve essere rivolta proprio a lei, che ci sta di fronte in quel momento, e l’unico modo per farlo è ascoltarla, con le sue esigenze, con il suo modo di essere, insomma dobbiamo conoscerla.

Se davvero vogliamo supportare il nostro cliente, dobbiamo capire quali sono le sue esigenze.

Per sapere quali sono le criticità del progetto che ci sta esponendo il nostro capo, dobbiamo ascoltarlo.

Per un leader poi, è fondamentale esercitarsi nell’ascolto attivo, perché solo da questo può nascere un feedback ben dato, di miglioramento o di riconoscimento che sia.

Cos’è l’ascolto attivo

L’ascolto attivo nasce da un porre l’attenzione non solo su quello che la persona dice, ma soprattutto su quello che non dice, perché, come suggerisce la prima regola della comunicazione appena citata, comunichiamo con tutto il corpo, il tono della voce, ma anche con i nostri comportamenti, ciò che facciamo, e anche che non facciamo.

Quindi il centro dell’attenzione si sposta da noi verso un altro.

Quante volte qualcuno ci sta parlando e stiamo pensando già a cosa ribattere, per spiegare le nostre idee, o alla lista della spesa, o ancora peggio, abbiamo il cellulare in mano dando una letta alle mail o a Whatsapp?

Non stiamo davvero ascoltando!

Come puoi fare per ascoltare meglio? Ascolto attivo, si, ma come?

Ti fornisco un paio di suggerimenti, non esaustivi, di come si può allenare l’ascolto attivo.

Si, è proprio un allenamento, più lo fai e più diventi bravo.

Innanzi tutto, cerca di entrare in empatia con la persona, cioè cerca di capire che emozioni sta provando, di metterti al suo posto, e di rispondere adeguatamente.

Questo lo puoi ottenere cercando un punto in comune, trova una frase per rompere il ghiaccio, chiedigli come sta la sua famiglia, osserva il suo ufficio, o qualcosa di lui. Qualcosa che faccia capire che ti interessi a lui. Fai tante domande

Alcuni suggerimenti quando stai per iniziare un colloquio:

  • Accoglilo e dimostra sincero interesse per lui. Se sei disinteressato o non stai ascoltando, probabilmente, anche se fai di tutto per nasconderlo, la persona se ne accorgerà.
  • Cerca di non giudicare o di non partire con dei pregiudizi
  • Svuota la mente prima di cominciare. Anche se ti è appena arrivata una mail sgradevole, o hai preso una multa, o hai un guaio da gestire, cerca di non pensarci in quel momento e di rimandare questi pensieri a dopo. Focalizzati sull’incontro
  • Non interrompere un flusso di pensiero. Non pensare alle possibili risposte non appena ti sta parlando, magari prendi una nota se hai delle domande da fare dopo, per poi riprenderla quando dovrai parlare tu
  • Fai tante domande. Ricordi? Sei lì per capire le esigenze di quella persona o per conoscerla
  • Guardalo negli occhi, ovviamente, e fai attenzione al linguaggio del corpo
  • Ascolta le tue sensazioni quando parli con lui

Ti viene in mente qualche altra “regola” per ascoltare bene? Sarò contenta se la vorrai condividere con me!

Ti lascio un esercizio: osserva due persone che parlano, e focalizzati sui loro comportamenti, sul tono di voce, sulle espressioni del volto, sui gesti che fanno, chiediti quali sensazioni stanno provando e quali provi tu come ascoltatore.

Poi chiediti e risponditi (alla Marzullo): Sono un buon ascoltatore?

Se vuoi condividi con me i tuoi risultati lasciando un commento, sarò felice di leggerlo!

MA DOVE VAI SE LA MOTIVAZIONE NON CE L’HAI

Cos’è la forza che ci spinge avanti anche se le cose si rendono difficili?

 

“È la curiosità che mi fa svegliare alla mattina”

Federico Fellini

 

La motivazione è la forza che ti spinge avanti quando “il gioco si fa duro” e che ti guida nella tua strada. Certo, da sola la motivazione non basta, ma è l’elemento essenziale, costituisce le fondamenta, per metterti in moto verso il tuo obiettivo.

Una domanda che faccio ai miei clienti che stanno cercando la loro strada o mettendo a fuoco il proprio obiettivo è “Qual è quell’energia che ti fa alzare la mattina?” o “Cos’è importante per te?”.

Una domanda apparentemente semplice, ma che nella maggior parte dei casi si trasforma in una “domanda potente”, cioè quella che non ci siamo mai davvero posti o della quale non conosciamo ancora la risposta.

Trovare la risposta ti serve a sapere qual è la tua energia, quello che ti spinge ad andare avanti anche quando le cose stanno diventando difficili, ti fornisce la determinazione, è la tua motivazione a raggiungere gli obiettivi, senza farti distogliere dal parere di altri.

Ma soprattutto ti aiuta a focalizzare bene quello che vuoi raggiungere: quando gli obiettivi sono allineati con le tue spinte motivazionali il tuo piano d’azione è molto più efficace e chiaro.

È grazie alla motivazione che riesci a superare gli ostacoli e trovare la forza per risolvere problemi, trovare le alternative e rialzarti quando cadi.

Cosa ti spinge e cosa ti da energia lo sai solo tu, magari non l’hai ancora ben identificato e devi ancora focalizzarlo. Per questo quando mi chiedono se sono una motivatrice rispondo che non lo sono, non ti posso motivare io, ti aiuto a trovarla e a trarne energia.

Questo aspetto parte dai nostri valori, ognuno ha i suoi: la famiglia, la giustizia, essere realizzato nel lavoro, le relazioni…

La motivazione che parte da cosa è importante per noi è quella interna, o  motivazione  intrinseca, una delle competenze dell’Intelligenza Emotiva di cui ho già parlato.

Questa si contrappone alla motivazione proveniente dall’esterno, che si basa sul bisogno di convalidazione esterna e gratificazione. Possono essere dei riconoscimenti o gratificazioni come ricompense (denaro, elogio, ricerca del consenso, potere) o minacce (la paura, perdita dello status, punizioni).

Se queste leve hanno più peso per te sei portato a creare dipendenza da qualcosa al di fuori di te e quindi potrebbe diminuire la tua auto-efficacia.

Ovviamente non c’è niente di male nel desiderare dei riconoscimenti, dobbiamo stare attenti solamente a non rendere questo un bisogno.

Tu trovi in te stesso la tua energia o hai bisogno di qualcosa di esterno che ti spinga?

Qual è la tua motivazione?

 

EMOTIONAL INTELLIGENCE WEEK: Competenza VII e VIII

L’Emotional Intelligence Week è una settimana da me dedicata all’approfondimento dell’intelligenza Emotiva per diffondere i concetti fondamentali e spiegare l’importanza di allenarla per la nostra vita

Le ultime due competenze si riferiscono all’area del modello dell’IE del “Direzionamento di sé stessi” o “Self Direciont”.

SELF DIRECTION: Far crescere l’empatia e perseguire obiettivi eccellenti.

Quest’area riguarda l’allineamento dei nostri obiettivi con le nostre scelte di vita, grazie all’empatia e alla capacità di agire e decidere per uno scopo. Questa finalità ti aiuta a mettere in pratica i tuoi impegni più importanti liberando la tua piena energia e il tuo potenziale.

COMPETENZA 7: FAR CRESCERE L’EMPATIA

Questa competenza riguarda la capacità di riuscire a stabilire una connessione più profonda con gli altri grazie al riconoscere e rispondere appropriatamente alle emozioni delle persone. L’empatia è la chiave per comprendere gli altri, stringere relazioni durature, affidabili e che teniamo conto delle altre persone nel prendere le decisioni.

Chi ha un punteggio basso può apparire distante: è probabile che minimizzi o ignori i sentimenti degli altri o li fraintenda. Può creare relazioni diffidenti o distaccate o può sentirsi non compreso dagli altri.

COMPETENZA 8: PERSEGUIRE OBIETTIVI ECCELLENTI

Significa connettere le scelte giornaliere con il nostro profondo senso di scopo, cioè in nostri valori legati ai nostri obiettivi di lungo termine. Questa competenza EQ fornisce il senso di direzione, una stella polare, che può essere usata giorno per giorno per avere chiaro cos’è più importante. Chi ha questa abilità sviluppata ha un forte senso di potere personale e di leadership.

Questa capacità nel perseguire obiettivi a lungo termine è la competenza cardine di tutto il modello dell’Intelligenza Emotiva: andando a lavorare su questa abilità si va ad agire su tutte le altre competenze.

Chi non è particolarmente abile in questa capacità è probabilmente focalizzato sul breve termine e su se stesso. Può essere facilmente distratto e influenzato da interessi momentanei o ricerca di appagamento temporaneo.

Vuoi conoscerti meglio attraverso l’Intelligenza Emotiva? Dai un’occhiata a Power Coaching e Intelligenza Emotiva

EMOTIONAL INTELLIGENCE WEEK: Competenza V e VI

L’Emotional Intelligence Week è una settimana da me dedicata all’approfondimento dell’intelligenza Emotiva per diffondere i concetti fondamentali e spiegare l’importanza di allenarla per la nostra vita

La quinta e sesta competenza si riferiscono all’area del modello dell’Intelligenza Emotiva del “Gestisci te stesso”.

COMPETENZA 5: TROVARE LA MOTIVAZIONE INTRINSECA

La motivazione intrinseca è quella interna, che viene esclusivamente da noi. Trovare la motivazione intrinseca vuol dire quindi scoprire e impegnare un’energia basata sui nostri valori personali e interessi, che ci spinge a cambiare, crescere e ad agire.

Chi ha questa capacità poco sviluppata richiede conferme esterne per essere motivato, come riconoscimenti, lodi, ricompense oppure la paura di essere punito o non riconosciuto. Inoltre può essere facilmente influenzato dagli altri.

Non è sbagliato voler avere il riconoscimento esterno, ma avere una motivazione interna più forte ci aiuta ad essere più sicuri di noi stessi, indipendenti. E inoltre la motivazione intrinseca è più duratura.

ESERCIZIO: MOTIVAZIONE INTRINSECA

Pensa all’ultima volta in cui ti sei sentito motivato e appunta sul tuo quaderno delle emozioni:

  • Cos’hai fatto?
  • Da dove veniva la tua motivazione?
  • Perché era importante per te?
  • Quanto della tua motivazione era dovuto ad altre persone?

COMPETENZA 5: ESERCITARE L’OTTIMISMO

Essere ottimisti in questo caso non vuol dire “vedere la vita con gli occhiali rosa” ma piuttosto avere una prospettiva di scelta e altre opportunità. L’ottimismo ci consente di andare oltre la situazione che stiamo vivendo in questo momento e poter pensare che siamo in grado di cambiare le cose e muoverci verso il futuro che desideriamo. È essere più proattivi nella vita, vedere più opzioni e opportunità per superare ostacoli e avversità, essere innovativi e problem solver.

Chi ha un punteggio basso in questa competenza può essere portato a sentirsi un po’ “vittima”. Quando si scontra con delle sfide tende ad affidare la responsabilità all’esterno di sé, gli altri o le circostanze esterne, piuttosto che cercare di agire per risolverle tende a vedersi come impotente. Tende a rimanere focalizzato sul problema invece che cercare le soluzioni.

 

LA VERITÀ, VI PREGO, SULL’INTELLIGENZA EMOTIVA

Lavorare sull’Intelligenza Emotiva vuol dire incrementare la propria performance personale. Ti spiego perché è importante per il nostro successo professionale

Nel mio precedente post ho già parlato di cosa è l’Intelligenza Emotiva: la capacità di comprendere le proprie e altrui emozioni e gestirle, riuscire ad avere relazioni interpersonali soddisfacenti, darsi degli obiettivi importanti.

Ma a cosa mi serve?

Vi è capitato di chiedervi come mai persone che sono molto intelligenti (cioè hanno un alto QI) sembrano avere meno successo o addirittura falliscono rispetto chi ha un QI più basso?

Penso al compagno di classe bravissimo in matematica e in fisica, ma che spesso stava solo o era silenzioso, parlava con pochi e alla fine non ha fatto carriera o comunque non come ci si aspettava da lui.

Poi c’era il compagno di banco che non brillava di certo per intelligenza, però era il tipico compagnone, che invece è diventato il responsabile commerciale per quella grande multinazionale.

Nel lavoro, sicuramente ha più probabilità di avere successo chi ha delle competenze tecniche più sviluppate di altri, e un QI maggiore. Ma spesso non è proprio così scontato, anzi, l’intelligenza analitica da sola non basta.

Le competenze tecniche ovviamente servono, ma da sole non sono sufficienti a farci avere successo nella vita. Ricerche mostrano che il 55% circa dei fattori di successo di una persona, quindi la sua performance personale, dipendono dall’Intelligenza emotiva.

Te lo spiego con un film: The imitation game

Faccio sempre l’esempio del il film “The Imitation Game”: la storia di Alan Turing, un matematico e critto-analista che aiuta il governo inglese durante la seconda guerra mondiale a decifrare i codici con cui i tedeschi si mandavano informazioni sugli attacchi. Un genio! Stiamo parlando della persona che inventò il computer come lo conosciamo ora, una persona con il QI elevatissimo. Bene, è proprio l’esempio calzante di una persona che ha un altissimo QI ma ha poca Intelligenza Emotiva.

Infatti, la macchina che creò (la macchina di Turing) fu utile solo grazie all’interazione con gli altri membri del team, che prima aveva snobbato. Turing si mise in gioco e sforzandosi di cambiare il comportamento sprezzante e non empatico nei confronti degli altri.

Creare relazioni di fiducia

Nella vita professionale questo è alla base. Che tu lavori in team, che tu sia un commerciale, o un libero professionista, un imprenditore, un leader, non puoi prescindere dal creare relazioni efficaci, basate sulla fiducia. Come si fa? Sviluppando l’empatia, cioè la capacità di capire gli altri, imparerai ad ascoltare in maniera più attiva i tuoi clienti, collaboratori, colleghi e anche il tuo lavoro migliorerà, garantito.

Leader o capo?

La differenza che passa tra un leader e un capo è data proprio dall’Intelligenza Emotiva.

Competenze emotive come autocontrollo, capacità di automotivarsi, entusiasmo, empatia, perseveranza, risolvere i conflitti e cooperare sono tutte abilità di una leadership illuminata.

Un buon leader, infatti, riesce grazie all’empatia a capire quali leve muovere con i suoi collaboratori per raggiungere gli obiettivi comuni; ispira gli altri grazie alla sua motivazione e vision, che trasmette a chi lo circonda.

Pensate a quanto tempo passa un manager a pianificare e gestire il lavoro e quanto invece nel cercare di risolvere conflitti o gestire incomprensioni.

Gestire le emozioni nel business

Quando poi le cose non vanno bene, come in questo periodo storico economicamente complicato, una persona emotivamente intelligente è chi riesce a perseverare nei propri obiettivi nonostante le frustrazioni, a trovare nuove via d’uscita e ad aver fiducia nelle proprie capacità.

Ma soprattutto, quando le emozioni hanno il sopravvento (nel bene e nel male) e non sappiamo gestirle, il QI ci può venire ben poco in aiuto.

Mi viene in mente il caso delle turbolenze dei mercati finanziari: quando il mercato crolla razionalmente sarebbe il caso di non uscire dalla posizione e casomai comprare, o far valutare la posizione, invece il panico innesta un’ondata di vendite che altro non fa che peggiorare la situazione.

Decidere

Quando dobbiamo prendere una decisione, per esempio, è fondamentale ascoltare le nostre sensazioni, e di conseguenza, quello che le nostre emozioni ci stanno dicendo. Se ho un peso allo stomaco e al petto nel mentre che penso ad una possibile soluzione, probabilmente quella non è la strada più efficace da prendere per la nostra vita.

Non c’è contrapposizione, come si può credere, tra emozioni e razionalità, non è vero che l’emozione è debolezza e la razionalità è sinonimo di forza, ma è vero che le due cose devono coesistere, integrarsi e interagire tra loro.

Essere emotivamente intelligenti è insomma molto importante per la nostra performance personale.

Lo sai che si può anche misurare e capire su quali competenze emotive lavorare per raggiungere i tuoi obiettivi? Dai un’occhiata al percorso “Power Coaching e Intelligenza Emotiva

Dubbi? Curiosità? Feedback? Scrivimi! cmelis@coachingpower.it

IL RISCHIO È IL MIO MESTIERE

Il rischio viene inteso solo in senso negativo, la possibilità di perdere o fallire, ma in finanza il concetto di rischio è anche positivo, perché c’è anche la possibilità di avere successo. La mia storia

Spesso leggo storie di persone che si sono messe in gioco, amici, conoscenti, che hanno incrociato la mia strada in qualche modo, e che vantano una “propensione al rischio”, nel linguaggio economico – finanziario.

Persone che hanno cambiato lavoro, si sono messe in proprio, hanno cambiato paese, si sono reinventate, hanno iniziato da zero e hanno avuto successo, tutte con il comune denominatore del seguire la propria passione, rischiando, e che hanno capito presto o tardi quali fossero i propri talenti e potenzialità.

Dove il talento è qualcosa che ci viene facile fare e che ci rende felici, per cui proviamo una passione tale per cui lo faremmo anche senza essere pagati.

Sono storie di persone comuni, non di milionari (per ora almeno!). Ma sono allo stesso modo straordinarie perché seguire i propri sogni e passioni è coraggioso.

Nel mio piccolo, anche io mi sono messa in gioco, questa è la mia storia.

In che senso “rischio”?

Il concetto di rischio è costante nella mia vita. Fino a tre mesi fa lavoravo nel Risk Management di una Società di Gestione del Risparmio, quindi il rischio era il mio mestiere.

E lo è tuttora, nel mio piccolo, visto che mi sono messa in proprio con un lavoro che mi fa prendere una strada nuova e molto diversa, per seguire la mia passione e perché, ebbene sì, è rischioso.

Di solito il rischio viene inteso solo in senso negativo, la possibilità di perdere o fallire, ma in finanza il concetto di rischio è anche positivo, perché c’è anche la possibilità di avere successo! D’altra parte il teorema rischio-rendimento recitaad un maggior rischio corrisponde un maggior guadagno”.

E no, mi spiace, non esistono investimenti con rischio nullo, perché è rischioso anche tenere i soldi sotto al materasso (c’è la svalutazione, ricordi?) o a continuare ad andare avanti nella vita senza darsi degli obiettivi.

Questa è la mia storia, ci metto la faccia, anche se la mia storia finisce con un inizio…

Dalla finanza al coaching

In me sono sempre convissute due anime, due polarità: la passione per i numeri (ero brava in matematica e mi riusciva semplice, ok odiatemi!) e la mia tendenza all’introspezione, all’amore per la lettura, la riflessione.

Avevo scelto ragioneria perché volevo lavorare in banca, non chiedetemi perché avessi questa aspirazione, non lo ricordo. Credo di essere stata l’unica che all’esame di maturità ha portato come materie a piacere Tecnica bancaria (imperterrita!) e Italiano, scegliendo Pirandello, che adoro tuttora.

Con una certa lungimiranza, mi sono iscritta a Scienze Economiche e Bancarie a Siena. Il che ha determinato due cose:

•l’abbandono della Sardegna a 19 anni, il giorno del mio compleanno, con un po’ di sana incoscienza ma per cui ringrazio tanto. E il conseguente ritiro da parte di mio padre dell’immaginario passaporto sardo, visto che per lui ora sono continentale.

•L’evidenza che le mie due anime iniziavano a cozzare l’un l’altra.

Ci ho messo un po’ a laurearmi, perché comunque ero sempre combattuta chiedendomi se era la strada giusta per me, ma alla fine, avendo deciso, ho raggiunto il mio obiettivo.

Il passo successivo? Si sa che “sbagliare” è umano ma perseverare è diabolico, mi sono trasferita a Milano nel 2003 per seguire un master in Risk management per gli intermediari finanziari, perseguendo la strada della banca e della finanza.

Ho trovato lavoro proprio nel Risk Management di una Società di Gestione del Risparmio, dove sono stata per 11 anni.

Nel 2011, nel bel mezzo di un percorso interiore iniziato alla ricerca della vera me stessa, incontro il coaching offrendomi per fare da “cavia” a Elisabetta che allora stava facendo un corso per certificarsi come coach professionista.

Grazie ad un percorso come coachee, lavorando su obiettivi relativi alla mia professione, ho iniziato un viaggio di riscoperta di me stessa, delle mie capacità e risorse, e ho focalizzato meglio i miei desideri e attitudini.

Ho messo così il primo seme per iniziare a dare risposta alle mie domande e ad ascoltare l’altra parte di me stessa (quella riflessiva) e a chiedermi quali fossero i miei altri talenti finora non sfruttati.

Questa riflessione mi ha portato ad iscrivermi al corso per diventare una coach professionista, dando inizio a 3 anni in cui ho portato avanti entrambi i miei lavori, con molta fatica, e la mia tendenza si è spostata sempre più verso il mio essere coach, aiutandomi ad esprimere finalmente la mia naturale attitudine ad essere “umanamente curiosa” e ad allenare quella parte di me aperta all’ascolto e all’accoglienza.

Dopo un percorso un po’ travagliato, fatto di valutazioni, domande, riflessioni, ascolto di me stessa e anche di calcoli economici (la tendenza non si cambia mai del tutto), mi sono dimessa a dicembre 2015.

Da poco più di tre mesi sono una coach al 100% e mi sto sperimentando nel trovare un nuovo equilibrio, testando le gioie e i dolori di essere libera professionista.

Certo la storia non termina con una fine da milionaria, in realtà termina con un inizio, di una nuova avventura.

È un po’ presto per fare bilanci, ma il mio successo, il significato che ha per me questa parola, sta proprio nel fare un lavoro che amo e che mi appassiona al 100%. Anche se un po’ mi mancano i miei colleghi.

Che risorse ho messo in gioco?

Non è stato facile e posso dire che il mio percorso è stato costellato di molti bellissimi e importanti incontri, con persone che mi hanno incoraggiato e sostenuto.

Il networking è stato fondamentale!

Anche se la maggior parte delle persone ha cercato di farmi cambiare idea o mi faceva terrorismo circa la crisi, il rischio e compagnia bella. Loro sono stati ancora più importanti per far emergere la mia motivazione.

Mi è stata utile la capacità di darmi grandi obiettivi, di allineare i miei valori con le mie scelte di vita e con il lavoro che faccio, ascoltare le mie emozioni e la mia motivazione interiore; la capacità di inventare nuove strategie in caso di insuccesso, senza arrendermi.

E questo è solo l’inizio.

Tu hai mai pensato di metterti in gioco? Se vuoi raccontamelo nei commenti o scrivimi cmelis@coachingpower.it

Se vuoi guarda il mio profilo LinkedIn e chiedimi la connessione, magari con un messaggio personalizzato 😉

Vuoi migliorare la tua carriera? Fai Networking

Uno degli strumenti fondamentali per il successo professionale è crearsi una rete di connessioni che possa esserci di sostegno, per farci conoscere come professionisti e per offrirci strumenti utili per la nostra crescita

Nei tempi della interconnessione virtuale dei social, costruirsi un solido network è più che mai essenziale per il proprio successo professionale, sia per imprenditori e liberi professionisti, ma anche per un manager o chi lavora in azienda.

Una fitta rete di relazioni, attentamente cucite e scelte ci aiuta a costruire una chiara identità professionale e allo stesso tempo è lo specchio della nostra credibilità come professionisti e persone.

Se prima i luoghi di aggregazione erano solo fisici, come convegni di settore, occasioni più informali come eventi, aperitivi – ad esempio il fuori salone del risparmio per il settore bancario/finanziario – ora il network si inizia a costruire online, partendo dai social (LinkedIn e Facebook in primis), siti, riviste e giornali del settore di attività che ci interessa.

Molto spesso possiamo incontrare persone interessanti e stimolanti anche al di fuori da ambienti strettamente legati al mondo del lavoro, come in palestra, o al circolo del golf, dove il punto di unione è un’attività ricreativa.

Perché fare Networking?

In che modo il network ci aiuta a migliorare la nostra crescita professionale?

Contrariamente a quanto si possa credere, il network non serve solamente per “vendersi” in senso stretto, cioè trovare clienti o qualcuno che ci sponsorizzi per una posizione in una grande azienda, ma è fonte di molte opportunità.

È un’occasione per uscire dal proprio guscio e mettersi in gioco. Il networking infatti non è solo ricevere ma soprattutto dare, trarre e fornire ispirazione, trovare collaborazioni e conoscere le persone che possono aiutarti, nella professione ma non solo.

L’elenco che segue, non esaustivo, è fonte della mia personale esperienza, online e offline, con associazioni come la Rete al Femminile (network di donne imprenditrici e libere professioniste), o l’International Coach Federation (associazione di coach più diffusa a livello internazionale) o in spazi di coworking come Copernico, per citare le più importanti.

  • Cambiare azienda o espandere il proprio business. Che tu sia un dipendente o un libero professionista, è il network la risposta per crescere nella tua carriera. Mandare un CV a freddo è diverso da avere una segnalazione da una persona che ti stima professionalmente, e comunque puoi venire a conoscenza di offerte di lavoro che non vengono pubblicizzate su internet e sui vari canali. Anche la chiamata a freddo per cercare nuovi clienti è meno efficace rispetto ad essere introdotti da un tuo contatto.
  • Il network è un’opportunità di confronto. Incontrare, conoscere o seguire sui social persone che lavorano nel tuo stesso settore (o in quello in cui vorresti cambiare) o che hanno le stesse problematiche, è un’occasione per condividere esperienze, conoscenza, articoli e analisi, scambiare pareri o consigli professionali. Importante per conoscere le nuove tendenze, eventi, spazi e attori del settore. Se ti stai lanciando in un nuovo business è fondamentale!
  • Avrai sempre dei supporter. Questo è particolarmente vero quando stai affrontando un grosso cambiamento lavorativo, avere un gruppo di supporter, che crede in te, ti sostiene nei momenti difficili e ti incoraggia a fare quel salto che magari loro stessi hanno già fatto. Per me è stato fondamentale quando ho fatto il grande salto da “bancaria dipendente” a coach freelance.
  • Trovare nuove collaborazioni e sinergie. Possono nascere nuovi progetti o nuove opportunità anche da persone che operano in ambiti diversi o simili al nostro. Se devo lanciare il mio sito, magari mi affiderò più volentieri a quella sviluppatrice web tanto simpatica e disponibile che ho conosciuto nella Rete al Femminile piuttosto che ad uno sconosciuto che ha preferito parlare al telefono 10 minuti e mandarmi un freddo preventivo, invece che incontrarmi per discuterne davanti ad un caffè.
  • Condivisione di passioni,obiettivi e valori. Si crea un ambiente protetto dove poter liberamente condividere le nostre passioni e obiettivi, dove ci sentiamo capiti, accolti e stimolati.
  • Trovare fonte di ispirazione. Ascoltare le storie di chi “ce l’ha fatta” e ha avuto successo nella vita o di chi ha affrontato un periodo difficile e si è rimesso in gioco è fonte di ispirazione, come all’evento con le donne del network internazionale Hub Dot  a cui ho partecipato qualche settimana fa.
  • Fonte di creatività. Spesso, il confrontarsi e dialogare con persone nuove ci apre a idee innovative e alla creatività. Spesso racconto dei miei progetti o del mio lavoro a persone appena conosciute e il beneficio è di scoprire nuove sfaccettature o avere un’illuminazione proprio nel mentre che ne parlo.
  • Costruirsi un’identità chiara. Avere l’occasione di scambiare le proprie idee, passioni, e mostrare la propria personalità ci consente di presentarci con un’identità più definita di come farebbe il miglior summary ben scritto su LinkedIn. Un eventuale cliente o un manager che sta cercando una risorsa per la sua squadra magari sceglierà più volentieri di lavorare con una persona che risulta più trasparente e che apprezza anche per la sua immagine e personalità.

Scegliere e orientarsi in mezzo a infinite possibilità, non è semplice e sicuramente bisogna porsi degli obiettivi precisi e usare molti accorgimenti, perché anche il networking alla fine è un’arte e, come tale, ognuno deve trovare il suo personale stile di networker.

Qual è il beneficio personale che trovi tu nella tua rete?

Buon networking!

Perché accettare la #sfida90901

Sono ormai da 30 giorni che mi sono cimentata nella sfida 90901 e inizio a fare le prime riflessioni sull’effetto che ha avuto su di me accettarla e sulle similitudini col coaching.

 

Cos’è la #sfida90901?

Consiste nel dedicare i primi 90 minuti della giornata (meglio la mattina a mente fresca) per 90 giorni ad 1 progetto. Puoi nominare un buddy che ti segua, ti sostenga e inciti. Oltre a metterci la faccia e dichiarare pubblicamente il fatto che si partecipa alla sfida.

La sfida è stata lanciata sul blog EfficaceMente, che ringrazio e a cui faccio i complimenti.

Io ho deciso di dedicare la sfida al progetto del mio sviluppo della carriera di coach, che porto avanti con determinazione, in parallelo al mio lavoro di Risk Analyst.

Mi è stato utile rivedere le mie modalità organizzative.

Ovviamente ero già impegnata su questo progetto, al quale mi dedico quando posso, nel weekend,  la pausa pranzo o la sera, ma qualche volta, al termine della giornata non rendevo come avrei voluto.

Stavo quindi rivedendo come massimizzare l’organizzazione del mio tempo e questa opportunità è capitata ad hoc.

 

Quali i vantaggi della sfida?

Praticamente funziona come un auto-coaching:

•   Ti aiuta a rimanere focalizzato sull’obiettivo

•   Ti spinge all’azione: definisci il tuo obiettivo (il tuo progetto) e ti indica modalità e tempi.

•   Sostiene la motivazione: impegnandoti con il tuo buddy e con gli altri che stanno portando avanti la sfida.

•   Ti aiuta a mantenere la costanza

•   Ti regala energia e fiducia nel portare avanti il tuo progetto

•   Ti spinge oltre i propri limiti. Io, per esempio, sono tutt’altro che mattiniera.

 

Certo non mancano i giorni difficili, in cui fai più fatica a mantenere la costanza, ma sono arrivata ad un terzo del percorso.

Sono certa che i prossimi 60 giorni saranno altrettanto sfidanti, e comunque ricchi di nuove scoperte e intuizioni.

Buona #sfida90901!

Chi ha paura del cambiamento?

“L’unica costante della vita è il cambiamento”. Tutto è in evoluzione, tutto cambia prima o poi.

Ci sono volte in cui il cambiamento ci giunge inaspettato e ci coglie impreparati, altre volte siamo noi a cercarlo e desiderarlo.Ma anche quando siamo noi a causare il mutare della situazione, ci troviamo in difficoltà.

Come mai il cambiamento ci fa paura? Come possiamo affrontarlo e gestirlo al meglio?

Capita spesso nella vita di trovarci di fronte ad un evento inatteso, come la fine di una relazione, un cambiamento di mansione al lavoro, o una promozione, o cambiare città per motivi familiari.

Spesso ci sentiamo smarriti, destabilizzati e non riusciamo a gestire con serenità ed efficacia questa situazione.

Magari abbiamo appena ottenuto quel posto di lavoro che abbiamo sempre desiderato, ma ora all’idea di cambiare colleghi, o di fronte a maggiori responsabilità ci sentiamo un po’ spiazzati.

Anche quando la situazione che lasciamo non era piacevole per noi, ci sentiamo comunque in difficoltà nell’affacciarci al nuovo.

Anche un cambiamento societario, come una riorganizzazione o fusione è difficile da gestire se si evita di affrontare la componente emozionale dei dipendenti.

Come mai ci fa paura il cambiamento?

La spiegazione è semplice: abbandoniamo qualcosa che conosciamo e andiamo incontro all’ignoto, usciamo dalla strada che padroneggiamo e ci avviamo seguendo altri sentieri inesplorati. Si tratta di lasciare la cosiddetta “zona di comfort”, dove, per istinto, ci sentiamo più al sicuro e ci muoviamo in un territorio noto e sappiamo cosa aspettarci.

Uscire dalla zona di comfort può significare rimettere in discussione certe nostre abitudini, anche mentali, sentiamo di avere meno controllo della situazione. Emerge la nostra insicurezza e la nostra paura del fallimento.

Cosa possiamo fare?

Il primo passo è accettare il cambiamento, accoglierlo. Certo possiamo non essere felici della nuova situazione, ma se continuiamo a negarlo, a “dire no” nella mostra testa, stiamo solo sprecando energie utili che potremmo utilizzare nel gestire questa nuova situazione. Possiamo chiederci ad esempio: Cosa non sto accettando? Cosa mi fa paura?

Guardiamo in faccia la realtà, quindi e prendiamo consapevolezza dei fatti. Prendere consapevolezza della situazione, infatti, ci aiuta a gestirla,e non a subirla passivamente.

Osserviamo poi la situazione dai diversi punti di vista: spesso da una grande sfida o ostacolo nasce per noi un’opportunità. L’occasione per rimetterci in gioco, per migliorarci, per riflettere sulla nostra strada.

Quali sono le risorse che posso utilizzare? Quali quelle che devo sviluppare?

Fondamentale per affrontare il cambiamento è progettare un piano d’azione che ci guiderà attraverso il nostro percorso.

Qual è il primo passo che posso fare per affrontare questa situazione? Cosa mi è utile agire?

 E ora il cambiamento, probabilmente, farà meno paura.