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Sei sicuro di volere la promozione?

Fare carriera e diventare “capo” è un’ambizione di molti, ma è anche un grosso cambiamento. Tu sei pronto?

Finalmente dopo anni sembra essere il tuo turno! Hai ottenuto una promozione e guiderai un team di persone.

Fare carriera e ricoprire incarichi di responsabilità è l’obiettivo di molti. Non solo per il compenso economico, ma anche per il riconoscimento che questo comporta, da parte dell’azienda e dei propri responsabili. È poi una prova tangibile che si sta lavorando bene e che i nostri sforzi sono stati ripagati.

Ma è tutto oro quello che luccica? Sei veramente preparato a fare il salto di qualità?

Ho già parlato in un mio precedente post di Marco che non era stato promosso perché non aveva i requisiti “giusti”, qui affronto le sfide che devi affrontare quando aumenta il tuo ruolo di responsabilità.

Non è tutto oro quel che luccica

Spesso fare carriera internamente, cioè crescere nella stessa azienda, è un gran cambiamento, e come tale, se non gestito, e affrontato con i giusti strumenti e preparazione, può mettere in difficoltà.

Sicuramente te lo sei meritato, hai lavorato tanto, ti mantieni costantemente aggiornato, non ti sei mai tirato indietro di fronte a carichi di lavoro impegnativi e lavori bene con i tuoi colleghi.

A cambiare non sarà solo il tuo “job title” su LinkedIn e il tuo posto nell’organigramma aziendale, ma la sfida è sia dal punto di vista pratico che dal punto di vista della tua forma mentis del lavoro.

Infatti, quando ti trovi a gestire un team, per quanto tu possa essere preparato nelle competenze tecniche, devi sviluppare (o accrescere) delle competenze e degli strumenti.

Quali sono le sfide?

Prima colleghi ora collaboratori

Una prima difficoltà a cui ti puoi trovare davanti è che quelli che prima erano i tuoi colleghi diventano i tuoi collaboratori. Se già gestivi un team di persone e ora sei responsabile dell’intera area, ora diventerai il capo dei tuoi ex parigrado.

Anche se hai dei rapporti splendidi dal punto di vista personale e lavorativo, il modo di relazionarsi deve cambiare per forza di cose.

Se magari le risorse più junior potrebbero non risentire del cambiamento nel team, i colleghi con la seniority simile alla tua, in alcuni casi maggiore, possono accusare il colpo.

E non riconoscerti come capo, il che ti farà tribolare un bel po’.

Pensa a quelle situazioni in cui il capo arrivava con la richiesta di produrre quei dati “per ieri” perché c’era un’urgenza e tu e i tuoi colleghi vi guardavate tra di voi alzando gli occhi al cielo. Ecco, ora il capo sei tu! E spesso dovrai fare delle richieste del genere perché arrivano dall’alto e non puoi dire di no.

In questo caso, sicuramente ci vorrà del tempo per accettare la nuova situazione, ma devi essere bravo tu a gestire il nuovo contesto con un po’ di pazienza, adottando un comportamento più consono al nuovo ruolo e trovare il nuovo equilibrio.

Certo se sei sempre andato con loro a prendere il caffè o in palestra, ora dovresti comunque rimodulare opportunità e modo di rapportarti fuori e dentro l’ufficio con nel tuo nuovo incarico.

Cambiare prospettiva, diventare meno operativo e delegare

L’azienda ora si aspetta da te non più di smazzare numeri e produrre decine di report, ma molto di più: che tu sappia gestire il tuo lavoro e quello delle altre persone.

Dipende dal ruolo, ma sicuramente il tipo di lavoro che andrai a svolgere sarà più volto al coordinamento del lavoro e delle risorse.

E ovviamente devi essere meno operativo, che ovviamente non vuol dire che devi smettere di lavorare, ma alcune cose che facevi prima le devi delegare per poi verificarle una volta fatte.

Non puoi fare il lavoro che svolgono già i tuoi colleghi e sovrapporti.

Dovrai avere uno sguardo “più alto” sull’attività, sviluppare la visione d’insieme e coordinare invece che macinare i dati.

Devi sviluppare delle capacità trasversali

Già perché appunto puoi essere bravissimo sulle capacità tecniche, ma ora devi sviluppare capacità relazionali e di leadership.

Questo attiene maggiormente alla sfera dell’Intelligenza Emotiva, alle famose soft skills che ormai sono necessarie per chiunque, figurarsi per chi ricopre ruoli di responsabilità.

Intendo la capacità di ascoltare attivamente, coinvolgere, gestire le emozioni e lo stress, tanto per citarne qualcuna.

Dovrai sviluppare nuovi strumenti

Devi anche dotarti di strumenti quali:

  • Dare un feedback. Avevo già affrontato questo argomento in un post, non è facile dire certe cose e trovare il giusto modo per farlo, ma ora che hai delle responsabilità non puoi mancare di farlo con i tuoi collaboratori. Anche se difficile è per loro, ma anche per te, una grande occasione di crescita. Allo stesso modo dovrai imparare ad incassarli.
  • Delegare. Lo so che a volte, anzi forse spesso, faresti prima tu a fartelo da solo, ma non è questo il modo di gestire il lavoro delle persone e soprattutto farle crescere professionalmente. “Ghe pensi mi” non è un buon metodo di gestire un team: inizia a sviluppare fiducia nei confronti delle tue risorse. Controllerai dopo il lavoro e darai un feedback (vedi sopra) di miglioramento nel caso abbiano sbagliato qualcosa. E sì, la responsabilità è tua!
  • Saper monitorare. Anche il controllare il lavoro va saputo fare, perché se ogni 5 minuti chiedi “Cosa stai facendo” e “A che punto sei” non stai aiutando il tuo collaboratore a lavorare bene, ma stai facendo pressione che si può ripercuotere negativamente sul lavoro.
  • Gestire il tempo e l’agenda. Monitorare i progetti e il tempo non solo tuo, ma anche dei tuoi, saper fissare dei punti di verifica, creare momenti condivisi o meno. Sull’agenda leggi qui.
  • Saperti dare degli obiettivi SMART. Il che vuol dire, come saprai dall’ampia letteratura, che devono essere misurabili, temporalizzati, realistici ecc e che devi saper coinvolgere anche i tuoi collaboratori nell’aiutarti a raggiungerli.

In effetti sono tante le sfide, e sono sicura che saprai affrontarle con determinazione e strategia!

 

Se stai per fare questo tipo di cambiamento, guarda qui il mio percorso.

Se sei a Milano ad Aprile tengo due workshop su “Fare Networking

POSSO DARTI UN FEEDBACK?

Il feedback è uno degli strumenti di comunicazione più preziosi per un leader, come nel team e con i clienti. NON è un consiglio, un parere o un giudizio. Lo sai dare in maniera corretta?

“Posso darti un feedback?” è una domanda che pongo spesso come coach.

Nel coaching si chiede il permesso perché il coachee potrebbe non essere pronto a riceverlo. In azienda e nel campo professionale, può succedere di darlo (e allo stesso modo lo riceviamo) senza tanti preamboli, o senza strutturarlo bene, e rischiamo di non ottenere l’effetto che desideriamo, facendolo diventare un boomerang.

Dare un feedback efficace non è semplice, dovrebbe essere pensato in modo tale per cui il messaggio arrivi in maniera corretta, perché è il modo in cui diciamo le cose più del contenuto che determina il successo o meno della comunicazione.

Ma cos’è il feedback?

Feedback in italiano si traduce come “riscontro, verifica, confronto”, ma è ormai un termine di uso comune nel campo professionale.

Contraddistingue una comunicazione verso un’altra persona (o un gruppo) dove facciamo delle osservazioni costruttive circa un suo comportamento, lo svolgimento di un compito o mansione.

Nel coaching il feedback è un “regalo”, qualcosa che il coach vede, attraverso l’osservazione di comportamenti o fatti concreti, e vuole restituirlo al suo cliente per aiutarlo ad allargare la sua visione o farlo crescere, sostenerlo nel fare un passo avanti verso l’obiettivo; ma può essere anche un riconoscimento, un input per farlo riflettere sul percorso che ha fatto.

Oltre ad essere uno strumento importante e prezioso nel coaching, allo stesso modo, lo è nella vita professionale. Quasi tutti i giorni ricevi dei feedback dal tuo capo e dai tuoi colleghi, tu lo dai al capo e ai tuoi colleghi, i clienti non fanno altro che “regalarteli”, e viceversa.

L’anno scorso all’evento “I 4 pilastri della Leadership” di Performance Strategies 3 relatori su 4 (Daniel Goleman, Dan Peterson e Giuseppe Vercelli, per intenderci) parlando di come dovrebbe agire buon Leader si sono soffermati a parlare anche del feedback.

Il feedback positivo, questo sconosciuto

Mi è capitato di leggere recentemente degli articoli sui benefici del feedback e di rimanere stupita dal fatto che si soffermasse solo sul feedback di miglioramento, quello negativo per intenderci, dove fai osservare solo i comportamenti che non vanno bene o sono appunto migliorabili.

Questo riflette un po’ la tendenza nel mondo aziendale, ma oserei dire anche nell’ambito personale, a concentrarsi su quello che non va, e di non rilevare ciò che va molto bene!

Il feedback di riconoscimento, o feedback positivo, si dà quando si riconosce una qualità positiva all’altro o lo incoraggia, indicando che quella è la direzione giusta.

È un ottimo modo per creare fiducia, spirito di collaborazione e squadra, di rafforzare una relazione, oltre ad essere utile per chi lo riceve in termini pratici (“finalmente sono riuscito a far bene quel report” “ora ho capito bene cosa voleva il mio capo”) sia perché la persona si sente riconosciuta per quello che fa.

Quindi abbondate di feedback positivi! Provate a prendere l’abitudine di darne almeno un paio al giorno.

Per un feedback perfetto!

Quindi qualche regola/suggerimento per dare un feedback efficace.

  • Il feedback si basa sull’osservazione e la rilevazione dei comportamenti e fatti concreti deve essere il più possibile oggettivo, concreto e specifico, come per esempio lo sforamento delle tempistiche, dei dati non corretti, una tabella poco chiara, la mancata applicazione di una procedura. Usa parole tipo “ho osservato, ho rilevato che..”
  • Chiediti innanzitutto se è utile e a chi: che obiettivo vuoi raggiungere con la tua comunicazione? Portare avanti il progetto, correggere un comportamento di un collaboratore, migliorare l’efficienza di una procedura, creare maggiore spirito collaborativo o di squadra, motivare un collega.
  • Il feedback non è un consiglio o un parere, deve essere il più possibile neutrale
  • Non è un giudizio. Non dare giudizi sulla persona “Tu sei così”, ma riferisciti ai comportamenti, soprattutto non usare parole tipo mai o sempre. Cerca l’apertura facendo domande. Ad esempio “ultimamente sei sempre in ritardo!” ma piuttosto “ho notato che ultimamente arrivi in ufficio più tardi del solito, c’è qualcosa che non va?”
  • È un’occasione di crescita sia per chi lo riceve che per chi lo dà.
  • In generale, sii più abbondate con i feedback di riconoscimento.
  • Prima del feedback di miglioramento, cerca di inserire sempre quello positivo (si, c’è qualcosa di positivo che puoi dire! trovalo).
  • Il feedback negativo va dato in privato, mai davanti a tutti o i colleghi perché risulterebbe umiliante e probabilmente otterresti l’esatto effetto contrario.
  • Può sembrare banale, ma non lo è: gestisci le tue emozioni e cerca di essere il più possibile calmo. Se alzi la voce o sei troppo “ruvido” probabilmente non verrai ascoltato.
  • Dai il feedback nel giusto contesto. Non aspettare troppo a fare quelle osservazioni o quel complimento, spesso è meglio affrontare subito le situazioni o sfruttarle per dare la giusta direzione alla squadra o al progetto.
  • Dopo aver dato il feedback chiedere alla persona cosa ne pensa di quello che hai appena detto, servirà ad aprire il dialogo e il confronto.

Hai anche tu delle tecniche per dare i feedback? Vuoi condividerle con me?

Se vuoi migliorare la tua tecnica nel dare i feedback o la tua comunicazione, scrivimi all’indirizzo cmelis@coachingpower.it per fare una chiacchierata senza impegno: troveremo la soluzione giusta per te!